Seleziona una pagina

Storia ecclesiastica e civile della Regione più Settentrionale del Regno di Napoli, oggi città di Teramo e Diocesi Aprutina

del Can. Niccola Palma, Teramo 1832

Il giorno 18 Maggio 1480 un Bifolco domiciliato nelle vicinanze di Canzano, di nome Floro di Giovanni, arando la terra a circa un terzo di miglio dalle mura di quel Paese, verso Libeccio, vide a un tratto, sulle ore diciotto, inginocchiarsi i buoi. Attonito per avvenimento, che tosto conobbe non esser naturale, e drizzandosi dalla curva piegatura sull’aratro, osservò sopra un albero di pioppo bianco, che volgarmente dicesi Alno, ed Alano, una maestosa Signora, al cui cospetto anch’ei si prostrò. Allora udì dirsi: Io sono la Regina del Cielo: va in Canzano e dì a quel popolo esser mia volontà che si edifichi una Chiesa in mio onore nel Piano del Castellano. Ubbidì sull’istante il buon Floro, e lasciati i buoi corse a Canzano: raccontò, attestò nel migliore dei modi de’ quali era capace, la visione ed il comando; ma lungi dall’esser creduto, fu deriso e beffato, onde gli convenne ritornarsene assi mesto al lavoro.
Nel seguente giorno, all’ora medesima, comparve per la seconda volta la Vergine a Floro, che parimenti arava lo stesso terreno, vestita di bianco e posata sul suolo: Immantinente prostratosi, non meno che i buoi, ei con rispetto e con dolore Le riferì il rifiuto dei Canzanesi. Accolta con bontà la giustificazione, Ella disparve, senza aver profferita parola.

Il 20 Maggio

Parlò bensì all’indomani, 20 Maggio, quando ben anche ad ore 18 apparsa per la terza volta al fortunato Bifolco, come nel dì precedente, gl’impose di rientrare a Canzano, di esibirsi a montare, in comprova del vero, sul cavallo indomito di Falamesca de Montibus, di lasciarsi poi guidare da quel cavallo, il quale disegnato avrebbe il sito, in cui Ella intendeva essere onorata. Lieto il Bifolco volò di nuovo a Canzano, ripeté l’ordine ricevuto, e si dichiarò pronto a verificarlo nel modo indicatogli. Venne accettata con riso la condizione, ma non mancò di adunarsi gran popolo intorno a Floro, per vedere ove la cosa andasse a finire.

Il cavallo di cui si parla era così bello, ma divenuto insieme così feroce, che il padrone non potendosegli più accostare, avea tolta una tavola dal piano superiore alla stalla, e di lassù per nutrirlo gittavagli l’erba sulla mangiatoja. Il seniore Falamesca condiscese con pena all’esperimento cui Floro accingevasi, nè lasciò di protestare che non risponderebbe del pericolo cui questi andava incontro. Temevano i numerosi astanti che all’entrar Floro nella stalla, il cavallo volto gli si sarebbe contro con morsi e calci; ma quale non fu la loro meraviglia allorché lo videro affatto mansueto lasciarsi menar fuora, e senza muoversi accogliere sul dorso il rustico cavaliere? Abbandonato al proprio istinto, esso il trasportò a dirittura nel Piano del Castellano. Ivi giunto il cavallo senza freno e senza guida, girò tre volte intorno ad uno spazio, ed in fine s’inginocchiò e curvò la testa sino a terra.
La folla che seguito lo avea in silenzio propruppe allora in gridi di tenerezza e di gioja: e senza dilazione si diede mano alla fabbrica, giusta la periferia segnata dai tre giri del cavallo. Dalla connessione e diversità delle muraglie è facile riconoscere la Chiesa allora eretta, dalle due ampliazioni fattene più tardi. Contemporaneamente fu costruita altra piccola Chiesa detta del Perdono nel sito della prima apparizione, ove questa venne dipinta a fresco: tale quale ancora esistendo sul muro cui poggia l’Altare.

Gli sviluppi

Prolungandosi, dietro a questo, di alcuni palmi il sacro edificio nel 1788 si ebbe l’avvertenza di non toccare sì bel monumento. Ne’ punti precisi delle due altre apparizioni si eressero due Oratorj del pari esistenti, con pitture in tela che le esprimono. Se non che essendovi le pitture più esposte alle intemperie e logorandosi le tele, si sono di tempo in tempo entrambe rinnovate. Il cavallo, poi ch’ebbe ricondotto Floro, tornò ad essere indomabile e fiero ugualmente che per lo avanti, quasi che sdegnato avesse di servire ad usi profani, da ch’era stato eletto in istrumento di un prodigio del Cielo. (…) Nel Vescovato di Visconti, e propriamente nel Giugno del 1614, Maria SS., in quel sito a Lei prediletto operò altri miracoli, verificati con giuridica informazione dall’Arcidiacono Gio.Maria Bucciarelli, Vicario Aprutino. Mi contenderò di riferirne uno solo, accaduto nella sera del 24.

Essendo pio costume de’ Canzanesi visitare la Madonna, prima e dopo le loro giornaliere occupazioni, eranvi in Chiesa non poche persone, circa le tre ore della notte. Ardevano, secondo il solito, cinque lampade avanti la sacra immagine e due sopra l’altare; quando tutti videro sul petto di Essa comparire una stella, della grandezza di un granello di lenticchie, il cui splendore illuminò la chiesa; Per assicurarsi gli astanti se l’insolita luce derivasse dalla prodigiosa stella, spensero le lampade; ma lo splendore continuò nella medesima intensità, finché la stella scomparve, dopo circa mezz’ora, nel qual intervallo il chierico Pietro Mariotti cantò due volte le Litanie, con quella commozione che possiamo immaginare.

Altri miracoli ha la Madre di Dio ivi operati, ed innumerevoli grazie vi ha compartite, che si è trascurato di ridurre a prove legali. A noi basti il non interrotto concorso a quella chiesa, e la divozione che riscuote non solo dai Canzanesi ma anche dalle convicine popolazioni.